I Greenwood - Michael Christie

 

Trama: Jacinda "Jake" Greenwood lavora come guida naturalistica e accompagna ricchi turisti appassionati di ecologia a visitare le rigogliose foreste di un'isola della British Columbia, che curiosamente – una coincidenza? – porta il suo nome. Senza radici e senza una famiglia alle spalle, un giorno Jake entra in possesso del diario della nonna, un aiuto inatteso che le permette di ricostruire il suo passato. Come se percorresse la circonferenza di un albero secolare, un cerchio dopo l'altro, è finalmente in grado di attraversare il tempo che è stato, gli anni che si sono accumulati come fa il legno: strato su strato. Leggendo quelle pagine, Jake si rende conto che anche la sua esistenza poggia su strati invisibili, racchiusi nelle vite di quelli che l'hanno preceduta, nella serie di crimini e miracoli, casualità e scelte che ha portato a lei: ogni strato è la conseguenza di un altro, così come ogni successo e ogni disastro vengono conservati per sempre. Ripercorrendo a ritroso il Novecento, scoprirà che quello che unisce tutti i membri della dinastia dei Greenwood sin dal lontano 1908 – quando la stirpe mise radici in seguito allo scontro frontale tra due treni – è proprio il bosco. Con il loro pulsare silenzioso, gli alberi offrono rifugio, ma custodiscono anche delitti, decisioni estreme, rinunce ed errori. Imponente, trascinante e brillantemente strutturato come gli anelli concentrici di un tronco, I Greenwood mette in scena l'intreccio di menzogne, omissioni e mezze verità che segna le origini di ogni famiglia, un groviglio di segreti e tradimenti che ricade su quattro generazioni unite nel destino delle foreste del Canada.

Titolo: I Greenwood
Autore: Michael Christie
Casa editrice: Marsilio
Anno pubblicazione: 2021
Pagine: 590



Questo libro mi è stato proposto dall'editore con una mail che mi è piaciuta per i toni personali, ma in realtà è un romanzo che avrei letto comunque. Mi intrigava a prescindere, anche se forse sarei arrivata a lui in tempi più lunghi. L'ho letto con lentezza, inizialmente destabilizzata dai vari salti temporali (2038, 2008, 1974, 1934 e 1908) e via via invece sempre più avviluppata nella storia. E' un romanzo dall'architettura perfetta che prende forma sotto i nostri occhi, parola dopo parola, pagina dopo pagina per condurci ad un epilogo che a ritroso ne svela grandezza e complessità.  Ci sono diversi personaggi, primi tra tutti i fratelli non fratelli Everett e e Harris, ma su ogni cosa domina la natura, la potenza in particolare dei boschi e degli alberi, immagini che associamo al paesaggio del Canada.
Nella mail che ho ricevuto veniva definito come climate fiction e questo termine, così nuovo per me, mi incuriosiva e al tempo stesso mi preoccupava, come se questa definizione potesse ingabbiare il romanzo rendendolo troppo a tema. In realtà le etichette stanno sempre troppo strette alla buona letteratura, servono al limite nella fascetta che pubblicizza il libro, ma quanto trovi all'interno,  lo valuti frase dopo frase. 
Questo romanzo ha la sua parte migliore e più bella nella vicende ambientate negli anni Trenta, che non a caso rappresentano la parte più corposa del romanzo. La storia di Everett in fuga con una bimba trovata in circostanza quantomeno eccezionali è narrata in modo superbo, ed è il fulcro di tutto.
Il loro viaggio rocambolesco e disperato, nascosti nei vagoni merci o in pensioni malfamate, come gli ultimi degli ultimi, sempre inseguiti dal gigante Lomax con problemi di dipendenza dall'oppio ci lascia con il fiato sospeso, in un'America del tempo passato, popolata da ricchissimi imprenditori e da poverissima gente sfruttata. L'autore ci rende spettatori di un'epoca unica, di grandi possibilità e di cadute rovinose e senza redenzione. Everett è l'outsider vagabondo,  un personaggio indimenticabile che più di tutti gli altri riesce a creare con il lettore un legame forte. La sua storia e quella di Harris e la loro misteriosa infanzia vengono descritte da un narratore collettivo, la voce di un intero paese, che tratteggia la sua crescita insieme al fratello Harris.
Harris diventerà un ricco magnate del legname, dalla vita infelice e travagliata, segnata dalla perdita della viste, mentre Everett dopo la guerra rifiuterà un reintegro nella società e sceglierà una vita da vagabondo, ai margini della società civile.
Dopo di loro ci sarà Willow, figlia ribelle di Harris, legata più alla sua causa ambientalista che al figlio  Liam e infine Jacinda che ritroviamo in un futuro prossimo, nel 2038, erede inconsapevole e decaduta, sola,  in una società post grande Avvizzimento, un po' quello che ci aspetta con il disastro climatico alle porte. Un romanzo ricchissimo e costruito con incastri perfetti, studiati in ogni minimo dettaglio. Stupisce tanto l'accuratezza del tutto e al tempo stesso l'apparente naturalezza in cui alla fine ogni cosa trova l'esatta collocazione.
Si tratta di una saga familiare decisamente atipica perché della famiglia è la negazione e in ultima analisi lo è doppiamente, alla luce delle rivelazioni finali. O forse famiglia è semplicemente quella che Everett costruisce con la piccola Pod, la loro tenerezza priva di legami di sangue, ma pregna di qualcosa di più.
Ringrazio l'editore per avermi cercata e per avermi donato la copia cartacea di questo romanzo potente, che difficilmente potrò dimenticare. 
Il legno è tempo catturato. Una mappa. Una memoria cellulare. Un registro.








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