La casa dei naufraghi - Guillermo Rosales

Iniziamo la settimana con la recensione di un racconto crudo e spietato, "La casa dei naufraghi" di Guillermo Rosales edito in Italia da Fandango, una delle due sole opere sopravvissute alla distruzione  in massa dei suoi scritti, operata dalla stessa mano dell'autore, prima del suo suicidio nel 1993.

Titolo: La casa dei naufraghi • Autore: Guillermo Rosales • Editore: Fandango • N.pagine: 119 • Anno di pubblicazione: 2018 (prima pubblicazione 2011) • Copertina flessibile € 14,00

TRAMA
William Figueras è un uomo in fuga. Dalla cultura, dalla musica, dalla letteratura, dalla televisione, dalla storia e dalla filosofia di Cuba. È arrivato a Miami con in tasca nient'altro che le edizioni rilegate dei Romantici inglesi e l'illusione, coltivata al buio della sua mente, che nella Grande America riuscirà a scrivere senza paura delle persecuzioni. Ma William è malato di nervi e dopo il confino le voci che sente rimbombano forte nella testa. Talmente tanto che la zia che lo ospita deve arrendersi: "Non si poteva fare di più, lui avrebbe capito". La casa in cui viene deportato è una clinica ai limiti della realtà, un rifugio disumano dalle atmosfere asfissianti in cui i matti sono vittime condannate a una quotidianità primitiva. Non c'è salvezza, via di scampo, anche se la libertà urla al di là di quelle porte. Un giorno la pallida Francis arriva tra gli Idioti e con lei il ricordo in carne e ossa dell'amore. La speranza scioglierà per poco il gelo di quell'ultimo passaggio nella casa, e la vita riprenderà a scorrere come non aveva mai fatto prima. Romanzo autobiografico tradotto in tutto il mondo, appare ora per la prima volta in Italia. Estremo e commovente, "La casa dei naufraghi" è considerato oggi un classico della letteratura cubana.


In queste poche pagine autobiografiche Rosales ci porta al centro del suo inferno, quello del suo ultimo periodo di vita intrapreso con la speranza di un futuro se non bello almeno accettabile, vissuto in realtà nello squallore dell'abbandono e dell'isolamento. Lui, che ha letto Proust, Hesse, Joyce, Miller e Mann ("per me rappresentano ciò che rappresentano i santi per un devoto cristiano"), lui che ha cercato di combattere il totalitarismo cubano con l'arma della cultura, lui che è stato uno degli artefici dell'alfabetizzazione delle aree rurali cubane, dove si recava armato dei suoi libri per insegnare a leggere ai contadini, finisce per venire arrestato come dissidente e in seguito fugge in America dove ha dei parenti, con la speranza di vivere una piccola riscossa, un personale "sogno americano".

La sua mente però non lo assiste e dopo un breve periodo l'unica zia che aveva accettato di ospitarlo, lo conduce in una "boarding home", ufficialmente una pensione privata, nella realtà dei fatti un parcheggio per disagiati e malati mentali. Particolarmente significativa la frase che la zia gli ripete incessantemente prima di andarsene "Qui starai bene" più vicina ad una forma di giustificazione che di consolazione. Nonostante la sua mente malata, lui si rende perfettamente conto di quanto lo aspetta e della sua condizione attuale e futura.
"Sono scappato dall'isola e da tutto ciò che le appartiene: cultura, musica, letteratura, televisione ed eventi sportivi, storia e filosofia. Non sono un esiliato politico. Sono un esiliato totale."
Un esiliato dalla vita stessa, che si ritrova a condividere le sue giornate con altri esiliati come lui. Unica consolazione, una costante nella sua vita, la letteratura: William (suo pseudonimo nel libro) porta sempre con sé la versione rilegata dei Romantici inglesi, e nei momenti in cui sente la necessità di un conforto la apre e legge una poesia. In suo soccorso arrivano Lord Byron, John Keates, William Blake, John Clare, con le parole giuste al momento giusto. 
Le sue giornate sono costellate di abusi subiti e visti subire, di orrori, di esseri umani privati anche dell'umanità, quella che lui riesce ancora a scorgere in fondo ai loro occhi: dalle parole taglienti con le quali ci racconta la sua quotidianità traspare tutto il suo odio verso la propria condizione.
"La porta si apre un'altra volta: è Hilda, la vecchia decrepita che si piscia sotto. È venuta a chiedermi una sigaretta. Gliela do. Lei mi guarda con i suoi occhi buoni, e dietro quel volto orripilante scorgo un'antica bellezza. Ha una voce molto dolce, me ne accorgo quando mi racconta la sua storia."


Un giorno alla "boarding home" arriva Francis, una quarantenne dagli occhi dolci che profuma di buono, e tra loro nasce qualcosa che li fa sperare in un futuro diverso, quasi normale. Ci credono tanto da provare a trasformare la speranza in realtà.
Un romanzo che non fa sconti nello sbatterci in faccia una condizione tanto orribile quanto concreta e la triste realizzazione dell'indifferenza con la quale è stata trattata la condizione degli esiliati cubani negli ultimi decenni. 
La storia dovrebbe servire da insegnamento. 
Il condizionale è d'obbligo.
Ringrazio Fandango Libri per la copia.



Commenti

  1. Ispira ispira. Ormai, come tutti i libri, o quasi, del bellissimo catalogo Fandango. :)

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