TRAMA
Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karate Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere. Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni. Nel 1985, l'anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spiderman e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Morla, la tartaruga che vive sul grande balcone all'ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un'agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male. Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de «Il Mattino» che cadrà vittima della camorra proprio quell'anno e davanti a quel palazzo. Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel piccolo mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l'importanza dell'amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole. Perché i supereroi forse non esistono, ma il ricordo delle persone speciali e le loro piccole grandi azioni restano.
Titolo: Un ragazzo normale • Autore: Lorenzo Marone • Editore: Feltrinelli • N.pagine: 283 • Anno di pubblicazione: 2018 • Copertina flessibile € 16,50 • Ebook € 9,99
Quando ti innamori dello stile di un autore, attendi trepidante ogni sua nuova uscita e nell'attesa di poterti di nuovo perdere tra le sue pagine, guardi il calendario contando i giorni. Questo è quello a cui mi hanno abituata alcuni autori, tra i quali Lorenzo Marone. Dopo essermi innamorata di Cesare ed aver trovato conferma in Erri e Luce, aspettavo il 22 febbraio come se fossi sulla banchina della stazione in attesa di riabbracciare un amico che non vedevo da tempo. Purtroppo, questa volta dal treno è scesa un'altra persona. Il primo abbraccio è stato lo stesso, ho percepito lo stesso calore, lo stesso trasporto, ma via via che il tempo e le pagine scorrevano, qualcosa si è interrotto, ho iniziato a non riconoscere più l'amico che ricordavo.
Cercherò di spiegarmi meglio che posso, non vi parlerò della trama, che potete leggere più su, ma proverò ad illustrarvi cosa per me non ha funzionato.
In questo libro, Marone ci racconta la storia di Mimì, un dodicenne che cresce al Vomero nel 1985 nello stesso palazzo in cui abita Giancarlo Siani, quel giornalista che pagò con la vita il suo bisogno di giustizia e verità.
Partendo proprio da qui, dalla figura di Siani, nonostante Marone abbia sottolineato più e più volte che questo non vuole essere un libro SU Siani, ma CON Siani, devo dire che a mio avviso non è né l'una né l'altra cosa, nel senso che la figura di Siani in quanto "supereroe" al quale Mimì fa riferimento, rimane troppo poco delineata, "un ragazzo normale" ma pure troppo, c'è solo un vago accenno ai suoi articoli e al suo impegno sociale, troppo poco per potermi far appassionare al lato umano del giornalista in questione.
Tornando al protagonista del libro, Mimì, un ragazzino di dodici anni, di famiglia umile, figlio di un portinaio, che in quel particolare momento della sua vita decide di elevarsi e di essere diverso dalle persone che gli vivono accanto, ergendo il giornalista a suo modello, e si sforza di parlare di argomenti elevati usando un linguaggio elaborato e raffinato, aiutandosi con dizionario ed enciclopedie.
"Non eravamo ricchi, eppure lei (la mamma) si portava dietro la povertà con eleganza e decoro, al contrario di papà, che ce l'aveva scritta in faccia la sua vita faticata e piena di sacrifici."
Teniamo presente che stiamo pur sempre parlando di un ragazzino di umili origini, il cui migliore amico è il figlio del macellaio: ci sta che si sforzi ad usare paroloni e a sostenere conversazioni degne del libro Cuore, tant'è che i familiari e l'amico spesso lo mandano a quel paese per questa sua caratteristica, ma trovo irreale che non gli esca mai di bocca un'esclamazione in dialetto, nemmeno quando si arrabbia e discute con il suo amico Sasà.
A onor del vero, devo dire che per la prima metà del libro le sensazioni erano positive, le premesse c'erano e la narrazione scorreva, ma ad un certo punto ho iniziato a chiedermi dove quelle belle premesse volevano portarmi, quale fosse il fulcro della storia.
Per quanto mi riguarda, un fulcro non c'è, in questo romanzo si narra della normalità, ma manca una storia, un'evoluzione forte che possano far appassionare, manca il cuore e l'anima ai quali Marone mi aveva abituata. Nemmeno nei primi palpiti d'amore che Mimì prova per Viola ho ritrovato la passione con la quale l'autore sapeva far vivere i suoi personaggi. Ecco, i personaggi, un altro punto dolente: non sono riuscita ad entrare in empatia con nessuno, per nessuno di loro c'è stata una svolta, un guizzo, che avesse potuto farmeli entrare sotto pelle, come invece era successo nei precedenti romanzi, nei quali anche i personaggi minori erano talmente ben delineati che mi pareva di vederli muovere intorno a me.
Forse le aspettative alte che avevo su questo romanzo hanno giocato un ruolo fondamentale nella lettura, perché tutto sommato si tratta di un buon libro, scorrevole, che si lascia leggere, ma girata l'ultima pagina non mi ha lasciato quella sensazione di affanno come dopo una lunga corsa. Paradossalmente mi ha emozionata di più la "Nota dell'Autore" nelle cui poche righe ho ritrovato parte dell'anima che Marone mette nelle sue storie.
Resto comunque in attesa del suo nuovo lavoro, con un pochino meno di trepidazione, nella speranza di ritrovare le sensazioni che ho tanto amato nei suoi lavori precedenti.
Sottoscrivo ogni singola parola! La delusione credo sia evidente come la differenza d'emozioni che si provano paragonando Un ragazzo normale ai precedenti lavori. C'è un vuoto alla base che risuona forte ed è davvero un peccato!
RispondiEliminaPurtroppo Cri, ho quasi la sensazione di essere rimasta orfana...
EliminaQuesta volta - ed è una rarità - siamo in disaccordo. Io ho trovato questo libro poetico, commovente, emozionante e ben scritto. Di Marone ho letto solo il libro di Luce, gli altri due continuano a non attrarmi nonostante recensioni superpositive, quindi forse il fattore "aspettative" ha davvero contato tanto, non solo per te ma anche per altre blogger "innamorate" di Marone. Io, che a Napoli ho vissuto quasi vent'anni, ho trovato proprio un cuore napoletano in questa storia, e nei personaggi, tutti. Ho amato tanto i nonni di Mimì, veri e vivi come tanti anziani di Napoli che ho conosciuto. E mi è piaciuto tanto quel suo viaggio interiore nella casa vuota, alla ricerca dei suoi ricordi, della sua infanzia.
RispondiEliminaCiao da Eva
Ben vengano gli scambi di opinioni, Eva, e ti ringrazio. Forse gli unici personaggi verso i quali ho provato un minimo di affetto sono stati proprio i nonni, gli unici che mi sono sembrati più autentici. E credo di aver capito che aver vissuto in prima persona quegli anni in quel contesto abbia potuto fare la differenza all'occhio del lettore.
EliminaAspetto fiduciosa il prossimo ;)
Se vi interessa dare una sbirciata, qui il mio personale pensiero:
Eliminahttp://evapalumbo.blogspot.it/2018/03/recensione-un-ragazzo-normale-l-marone.html
Ancora ciao da Eva
I narratori ad altezza bambini quanto mi stanno antipatici...
RispondiEliminaMi pareva di averlo intuito ;)
EliminaPer quanto mi riguarda non è stata solo quella la nota dolente, ma una serie di conti che non tornavano. Pazienza, attenderemo il prossimo
confermo e sottoscrivo il commento di Eva.
RispondiEliminaHo amato moltissimo questo libro, per come è stato narrato, per i personaggi e per l'atmosfera. mi sono sentita a casa, come mi era capitato prima con Cesare, poi con Erri e infine con Luce. mi sono commossa in molti dei passaggi del romanzo e persino nelle note a fine libro :)
Come ho detto ad Eva, probabilmente aver vissuto quegli anni a Napoli fa la differenza, ma a mio avviso un autore non può rivolgersi solo ad un pubblico così ristretto, deve far arrivare l'anima a chiunque, come è stato per gli altri suoi romanzi. In questo io purtroppo non l'ho trovata.
EliminaBacioni
Ciao scialletta! Ma che sia un libro scritto per i napoletani? Vogliamo prendere in considerazione questa cosa? Potrebbe essere una spiegazione al nostro non aver capito, no?
RispondiElimina#sciallettesinasce
EliminaNon credo possa essere solo questa la spiegazione, ma forse una parte sì. E come detto a Chicca mi pare troppo riduttivo.
A parte che il napoletano, come popolo intendo, per sua stessa natura, è internazionale :P (premessa scherzosa), credo che effettivamente un libro scritto esclusivamente per chi ha vissuto quel contesto sarebbe un po'troppo riduttivo. la sfida sarebbe appunto far entrare quel contesto nell'anima di chi non lo ha vissuto. Detto ciò, ho letto solo i primi due capitoli e mi sono emozionata ma anche io ho - indirettamente - vissuto quegli anni e Siani era (è) il mio eroe.
EliminaHai ragione Lisse, e purtroppo, per quanto mi riguarda, stavolta la sfida è stata persa. A differenza di quanto successo con Luce.
EliminaBacioni
Hai ragione, manca un'evoluzione forte, qualcosa che, una volta letta la prima parte del racconto, dia qualcosa in più al romanzo. E manca di un finale che colpisca veramente :/
RispondiEliminaPurtroppo sì...Marone ci aveva abituati a ben altro. Speriamo sia solo una parentesi ;)
EliminaUn vero peccato che non si ritrovi l'autore che si è amato!
RispondiEliminaVoglio proprio leggerlo per farmi un'idea mia.
Veramente un peccato, ma se si limita a questo possiamo perdonarlo ;)
EliminaSono curiosissima di conoscere il tuo pensiero in merito
non l'ho ancora letto ma credo a te quando dici che non hai trovato il Marone a cui eravamo abituati. Non sei l'unica a dirlo e mi dispiace tanto. Lo leggerò forse non ora ma lo farò
RispondiEliminaDispiace molto anche a me, Chiara, e sono curiosa di sapere come lo troverai tu. Comunque per fortuna ci saranno altre occasioni per poter ritrovare il Marone che abbiamo imparato ad apprezzare
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