Estranea di Yael Van Der Wouden: casa, ossessioni e drammi familiari in Olanda
Titolo: Estranea • Autrice: Yael Van Der Wouden • Traduttrice: Roberta Scarabelli • Editore: Garzanti • Data di pubblicazione: 30 settembre 2025 • N. pagine: 272 • Copertina flessibile € 18,00 • Ebook € 9,99
TRAMA
Solo in casa Isabel si sente protetta. Lì, da bimba, ha potuto giocare felice, al riparo dai bombardamenti. Ancora oggi, vent’anni dopo, quei muri la difendono. Saldi e immobili, come lei. Per questo tutto deve essere in ordine: le posate allineate, le stoviglie lucidate, il giardino senza erbacce. Un mattino, però, Isabel trova la scheggia di un piatto di porcellana. La prima incrinatura in un mondo perfetto, a cui ne segue presto una seconda, ben più grave. Quel giorno, si presenta sulla soglia di casa Eva, la nuova fidanzata del fratello, che Isabel è costretta a ospitare per qualche tempo. Eva è l’estranea. Ha i capelli ossigenati tagliati troppo alla moda, un rossetto rosso troppo audace. Soprattutto, è troppo piena di vita e di entusiasmo, che riversa nelle stanze in cui echeggiano passi di danza e risate. Nulla è più immobile come prima. Eva ruba il silenzio – o, forse, lo sta dissipando. Mentre fuori la primavera tarda a mostrarsi, Isabel sente sciogliersi un nodo nel petto. Non solo. Sente anche una pulsione, una gravità ineluttabile, che la spinge, suo malgrado, verso Eva. Eppure, qualcosa le dice di rimanere vigile. Perché Eva fa molte domande. Forse la sua non è solo curiosità. Forse c’è un segreto in quelle mura, un segreto che non appartiene a Isabel. Appartiene alla casa stessa, a pareti che non sono permeate di silenzio bensì di grida disperate e mai sopite.
Ambientazione e protagonisti
Siamo in Olanda, nella primavera del 1961, e una grande casa si erge in mezzo alla campagna, sola, come sola è la sua inquilina, Isabel, donna rigida e arcigna che si è votata al ruolo di custode della magione e dei suoi suppellettili, eredità della madre.
La casa è di proprietà dello zio che l’ha comprata alla fine della guerra, per dare un tetto alla sorella e ai suoi tre figli, Isabel Hendrik e Louis
Hendrik se ne è andato appena ha potuto, Louis ha scelto di seguire le proprie passioni e Isabel è rimasta ancorata alla cura della madre,  finché era in vita,  e della casa nel tentativo di tenere in piedi i cocci di una famiglia forse mai stata integra. Ossessionata dall’ordine, la pulizia, il silenzio e dal senso di protezione che la casa le garantisce, Isabel è un personaggio che mi è risultato odioso da pag.1 a pag. 248, essendomi mancata una motivazione ai suoi comportamenti, alle sue ossessioni, alle sue manie, come quella di pizzicarsi e grattarsi le mani fino a farsi male (e se una spiegazione c’è io non l’ho trovata, sarò probabilmente tarda, illuminatemi voi se potete)
Una donna, una repulsione
Quando poi Louis presenta in famiglia la sua nuova ragazza, Eva, all’apparenza una svampita dai capelli ossigenati senza una casa, Isabel percepisce un fastidio, qualcosa che la porta a irrigidirsi (come prima fosse stata morbida… diciamo che passa da tronco di mogano a tronco di larice)
Nel momento in cui Louis gliela piazza in casa perché deve allontanarsi per lavoro, Isabel tira fuori il meglio di sé, trasformandosi da zitella acida a insopportabile megera.
Col passare dei giorni però questo suo atteggiamento diventerà ossessione, straniamento. Questo cambiamento, a mio avviso, è un po’ troppo repentino senza una reale introspezione del personaggio, che opera uno switch dal “vattene, sei un’estranea indesiderata” al “ho bisogno della tua presenza come dell’aria” nel giro di pochi paragrafi complici due povere pere inconsapevoli.
La casa: il protagonista col contratto a chiamata
La casa, stando a quanto dice la bandella e la promozione che gira intorno a questo romanzo, dovrebbe essere la vera protagonista, il vero fulcro attorno al quale si snoda tutta la vicenda; e in effetti questa cosa prende senso nella terza parte, quando viene svelata la vicenda che ha innescato tutta una serie di conseguenze.
Peccato che la casa, in quanto personaggio, emerga solo in alcuni momenti e quando lo fa è potente, si impone, per poi ritornare un mero ammasso di pietre e malta.
Il pesce misterioso
Nella noia dello sviluppo della seconda parte un particolare ha attirato la mia curiosità: durante una cena Isabel ed Eva mangiano un pesce, “falda per falda”.Anche qui, se avete notizie, illuminatemi, perché io proprio non ho idea di cosa siano le falde dei pesci.
Ma questa è solo una bizzarria, nulla in confronto a quanto mi aspettava poco oltre nella lettura.
Due capitoli di romance con farcitura spicy: perché?
Che saranno mai due capitoli su un intero libro, direte voi.
Eh no, carissimi lettori (fa tanto  Lady Whistledown, e in questo caso calza anche a pennelllo), perché in questo libro i capitoli sono di venti e oltre pagine (siano sempre benedetti gli scrittori che usano i capitoli brevi)
E capite bene che su un romanzo di 250 pagine, che vuole avere un tono drammatico, oltre 40 pagine di sguardi languidi, bollori trattenuti a stento e sfioramenti più o meno profondi, qualche tentazione di usare quelle pagine per incartarci le falde del pesce mi è venuta.
Non che io sia contraria alle unioni carnali ben descritte, sia chiaro,  ma devono avere un senso nell’economia del romanzo, e a mio avviso, per argomentare l’ossessione di cui cade preda Isabel sarebbero state sufficienti una decina scarsa di pagine.
A meno che l’intento non fosse quello di fornire al lettore, insieme alla storia, anche una miniguida erotica.
Considerazioni finali
L’idea di base è buona, l’inizio è accattivante e instilla una buona dose di curiosità e interesse. 
Segue poi una seconda parte dal ritmo molto lento che racchiude le maggiori criticità, tanto che ho spesso avuto la tentazione di lanciare il libro dalla finestra. La mia caparbietà e la curiosità di sapere dove l'autrice volesse andare a parare, nella speranza che tutto quello sbrodolamento avesse un senso, mi ha portata a finire il libro.
E quindi? 
Nella terza parte qualche spiegazione ci viene data ed emerge una storia forte ma che non arriva con la giusta intensità, ed è un peccato.






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