Titolo: Pietra dolce • Autrice: Valeria Tron • Editore: Salani • N.pagine: 441 • Data di pubblicazione: 28 maggio 2024 • Copertina flessibile € 19,00 • Ebook € 11,99
TRAMA
In Val Germanasca la natura detta le proprie volontà: nella miniera di talco, negli orti, nei boschi, nelle borgate che guardano la cascata. Così accade anche il giorno del crollo: tre boati tanto forti da far tremare la montagna. Due minatori mancano all'appello e nel piazzale si scava tra i detriti. L'ultimo a uscire dal foro nella roccia è un giovane che tutti conoscono. Si chiama Lisse, senza la U, e in quella lettera mancante è già scritta gran parte della sua vita. È ferito, eppure a far sanguinare l'animo di Lisse sono ben altri tagli. Quell'uomo partorito in un prato, accolto e nutrito dalla sua gente, è anche l'invisibile, il senza-storia, esiliato entro i confini della sua Valle. Stravolto da quell'ennesima sciagura, Lisse si rifugia in una baracca a Paraut, dove è nato. Giosuè Frillobèc, l'amico di sempre che zoppica sulle parole, non può stare a guardare. E con lui nemmeno Mina, che ha cresciuto entrambi come una madre; e Lumière, il gigante che fa oracoli; e Tedesc, il vecchio liutaio che parla tre lingue. Insieme escogiteranno un piano per riportare Lisse a casa e restituirgli speranza, immaginarsi ancora possibile. L'arrivo di Alma, partita dall'Argentina con una chitarra in spalla, porterà nelle loro vite il canto delle Ande e un sogno gentile da coltivare. Passano molti anni, Frillobèc ha lasciato la Valle e vive isolato tra le colline, con la sola compagnia di una corva. A spezzare la sua solitudine è l'improvvisa visita di un ragazzo, Jul, venuto dalle montagne a riportargli un oggetto che gli è appartenuto. Insieme cuciranno la storia, gli amori distanti un oceano, le libertà sfilacciate dal tempo, le promesse incompiute. Una miniera di piccole cose, incise nella pietra dolce.
Lisse viene al mondo tra i boschi, da una madre che scompare subito dopo averlo partorito, un novello Romolo, allattato da una capra, anziché da una lupa. Il suo nome è quello di un viaggiatore che sfida ogni pericolo per raggiungere la sua meta, ma senza la U, a definire la sua incompletezza, il suo essere ancorato alla sua terra senza poter mai viaggiare perché senza documenti, senza una vera identità.
La donna che lo ha raccolto ha una spiegazione per quella U lasciata cadere.
"La U, ripete tra sé, è una lettere greve, ha forma di gerla, perciò meglio senza: che sia leggera, la sua schiena."
Si sente maledetto, Lisse, tutte le donne della sua vita lo lasciano troppo presto, e quando un'esplosione nella miniera in cui lavora porta con sé altri lutti, qualcosa in lui si rompe. La necessità di isolarsi, di rendersi invisibile agli altri, diventa il suo ossigeno.
"Il dolore è dolore - pensa Lisse - Per i soli al mondo ha le punte delle spine: non ti lascia trattenere nulla senza farti sanguinare."
Ma Lisse non è mai stato realmente solo, ha una famiglia, non di sangue ma di cuore e di radici, pronta a tutto per alleviare quel dolore che pesa come un macigno su tutte le sue membra.
Mina, madre di Giosuè, fratello di cuore, che lo ha accolto tra le sue mura e le sue braccia, colei che lo conosce più di quanto si conosca lui stesso, "costruisce" un miracolo per salvare quel figlio che non sopporta più la fatica di aprire gli occhi al mattino.
"Noi siamo quel che resta della sua famiglia, perciò ci scansa. Ha paura di perderci: possiamo dargli torto? Ho pensato a lungo, e un'intuizione è tutto quello che posso offrire. Esistono altre figure che saprebbero rimetterlo al mondo, figure non necessariamente in carne e ossa. Storie d'altri, fatte apposta per farlo viaggiare."
La potenza delle storie, dei libri, che in patois si chiamano libbre, esattamente la stessa parola che significa anche "libro", restituirà la libertà di respirare, viaggiare, sognare, a Lisse, figlio di nessuno e accudito da umani e non.
In un alternarsi di capitoli tra il 1967 e il 2016 scopriremo la storia di Lisse del Pralup e di chi lo ha amato. Beretta, Ghit, Denise, Mina, Frillobec, Tedesc, Lumiére, la dolce Alma, sono i personaggi che in perfetta armonia costruiscono un piccolo grande mondo, animato dalla voce dei boschi e delle montagne e dalla forza di legami più forti del sangue, dove Tron si fa traduttrice, scrivana, per conto loro.
Ho amato ognuno di loro, ma un posto speciale nel mio cuore è per Bas, simbolo di accudimento, di presenza, di un'essenza della quale tutti noi godiamo, anche quando non ce ne rendiamo conto.
“Abbiamo bisogno degli altri per esistere”
Chi saremmo senza le persone che condividono la vita con noi? Se fossimo cresciuti con altre persone, saremmo sempre noi come ci conosciamo?
La nostra esistenza è reale solo se condivisa, la nostra vita è un puzzle di molteplici altre vite che hanno incrociato il nostro cammino, che ci hanno definiti, alle volte per scelta, altre per “obbligo”
Un altro personaggio importante è la miniera, quella fatta di pietra, che nasconde la dolcezza del talco, e quella fatta di carne e respiri, che cela sogni, segreti, dolori che si svelano solo a chi ha la giusta combinazione di forza e delicatezza per portarla alla luce.
Nel retro di copertina di "Pietra Dolce" leggiamo la definizione che Antonio D’Orrico dà della prosa contenuta tra queste pagine
“Una scrittura potentissima, povera e principesca nello stesso tempo”
Ed è esattamente così che la definisco anch’io, una scrittura povera nella semplicità dei gesti, dei luoghi e delle consuetudini che racconta, ma estremamente ricca nella sua musicalità, nella maniera poetica di raccontare i gesti semplici, regalando loro la dignità che meritano. Le mani nodose di Giosuè che scavano il talco suonano una sinfonia di sentimenti che plasmano i volti amati, gli oggetti e i luoghi che rendono queste pagine la “meizoun” dell’anima, anche per chi ha il grande privilegio di leggerle.
Ringrazio Valeria Tron e Salani per la copia cartacea e per avermi riportata in un mondo concreto e fantastico al tempo stesso, facendomi desiderare ancora una volta di poter passeggiare tra la natura potente e avvolgente della Val Germanasca.
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