Antonio Manzini riporta tra gli scaffali delle librerie il vicequestore Rocco Schiavone, stavolta con un romanzo corposo, oltre le 500 pagine.
Come di consueto Manzini intesse le sue trame prendendo spunto dal quotidiano, da quella che è la realtà che viviamo quotidianamente, elemento che mi ha sempre fatta sentire partecipe delle vicende narrate,e stavolta il faro è puntato su due argomenti più che attuali: i cambiamenti climatici e la violenza domestica.
In tutta Italia infatti si susseguono atti provocatori per sensibilizzare cittadini e autorità su un tema che non può più venire ignorato, e così strade di mezza Italia vengono occupate da mandrie di animali da allevamento, atti poi rivendicati in video dove personaggi incappucciati salutano alzando quattro dita davanti al viso, un saluto che pian piano diventa simbolo di vicinanza alla causa anche da parte dei comuni cittadini. Le stesse quattro dita stilizzate all'interno di un cerchio iniziano a comparire sui muri di varie città, tra cui anche Aosta, per affermare la presenza di componenti del gruppo di disobbedienza civile ELP, ossia Esercito di Liberazione del Pianeta, un gruppo che manifesta in modo non violento.
Quando però l'attentato da loro rivendicato ad uno stabilimento di lavorazione pelli provoca una vittima, Rocco sente puzza di bruciato.
Parallelamente alle vicende dell'ELP il vicequestore si ritrova ad indagare su un caso di violenza domestica, il classico (purtroppo è diventato un classico...) marito che picchia brutalmente la moglie, che evolve con la morte sospetta di quest'ultimo. Molti tasselli non si incastrano e Rocco non ci vede troppo chiaro.
In questo volume ho ritrovato un po' il Rocco dei primi tempi, sempre inevitabilmente malinconico, ma meno cupo, quasi abbia finalmente fatto i conti con i suoi demoni e abbia deciso di conviverci pacificamente, senza dar loro la possibilità di mangiarlo da dentro. A fargli da spalla nel lavoro c'è Scipioni, pian piano i due stanno entrando in sintonia, e anche se si sente forte l'assenza di Italo, Gabriele e soprattutto Sebastiano, Rocco è determinato a non piegarsi sotto il peso dei tradimenti.
Stavolta è il momento di D'Intino di vivere una sua piccola evoluzione, con situazioni esilaranti (con lui non potrebbe essere diversamente) attraverso le quali conosceremo ancora meglio l'essenza di quest'uomo a dir poco singolare.
Ho avuto la percezione che in questo romanzo Manzini abbia voluto un po' ripercorrere questi dieci anni trascorsi insieme, con una consapevolezza nuova, e tra queste pagine mi sono sentita di nuovo a casa, tra vecchi amici.
Il libro si conclude senza grosse questioni aperte, così da lasciare una doppia possibilità: continuare con nuove storie e nuove indagini o salutare un amico che ha trovato una sua dimensione nella quale un po' vivere e un po' lasciarsi vivere.
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