TRAMA
La storia di Blackwater inizia nel 1919 in una cittadina dell'Alabama, Perdido. Qui vive la ricchissima famiglia Caskey, proprietaria di boschi e segherie. Quando le acque del fiume diventano nere e minacciose, i Caskey dovranno combattere la loro furia. Ma non è tutto. Perché il clan, con in testa la matriarca Mary-Love, dovrà anche affrontare qualcosa di ben più spaventoso e inquietante: Elinor, la donna con i capelli di rame che emerge dalla città sommersa…
Quando ho visto le prime pubblicità del lancio imminente di questa saga da parte di Neri Pozza ho pensato "Voglio assolutamente leggerla" per due motivi: prima di tutto per la trama, che mi ha intrigata da subito, e in seconda battuta perché l'idea della pubblicazione a puntate mi ha riportata ai tempi dell'uscita de "Il miglio verde" di Stephen King, che proprio da Michael McDowell aveva preso l'idea di una edizione suddivisa in più uscite.
Sì, stiamo parlando del giurassico, ma all'epoca io ero già adulta e ricordo perfettamente la trepidazione con la quale aspettavo l'uscita successiva e la bramosia con la quale divoravo il volume appena acquistato.
"Il miglio verde" è un libro che ho amato molto, la storia del gigante di colore dal cuore grande mi ha rapita - quando ci ripenso mi scende ancora la lacrima - e sono convinta che parte di questo mio innamoramento dipenda anche dall'averlo letto a puntate. Capite bene il mio entusiasmo al pensiero che la magia potesse ripetersi, l'unico dubbio era dato dalla validità della storia.
Quando ho avuto tra le mani il primo volume mi ci sono addentrata con cautela, quasi cercandone i difetti. Mi sono immersa nelle acque del Perdido che avevano travolto la cittadina, portando con sé case e persone, e sono entrata in punta di piedi nelle vite dei componenti della famiglia Caskey.
Il primo volume è assolutamente un volume introduttivo, ci porta a fare la conoscenza degli usi e dei costumi di questa piccola cittadina dell'Alabama in un momento di rottura, quando la piena li costringe a rivedere le loro priorità: quale occasione migliore per conoscere la vera natura di chi ci sta di fronte se non nella difficoltà?
Come non bastasse dover pensare a ricostruirsi un futuro, gli abitanti di Perdido si dovranno confrontare anche con una nuova presenza misteriosa, arrivata dal nulla proprio durante la piena: Elinor Dammert, un'avvenente ragazza dai capelli dello stesso colore del fango del fiume, materializzatasi in una stanza dell'Hotel cittadino quasi completamente sommerso dalla piena.
Elinor affascina tutti fin dall'inizio, in modo particolare Oscar, rampollo della famiglia Caskey, proprietaria della più grossa delle tre segherie che danno sostentamento al paese; tutti, tranne Mary Love, madre di Oscar e capo indiscusso della famiglia, che la guarda con sospetto e non fa nulla per nascondere la sua ostilità.
Queste sono le premesse, i germogli da cui scaturisce la storia di questa famiglia, lunga quarant'anni, durante i quali Perdido e i Caskey cambieranno faccia, perderanno e acquisiranno cose e persone, alcune importanti, altre meno, alcune da me desiderate e festeggiate, altre che non avrei mai voluto leggere.
La scrittura di McDowell ha avuto il grande pregio di accompagnarmi dolcemente per poi travolgermi completamente, come l'acqua del fiume, in un continuo alternarsi di tranquillità e tumulto, un giro sulle montagne russe lungo sei libri.
Blackwater viene definito horror gotico e in effetti alcuni elementi possono trovare collocazione in questo genere, ma a mio avviso questa è in tutto e per tutto una saga familiare con lievi sfumature soprannaturali, che arricchiscono il quadro ma non ne sono elementi fondanti. Ci sono anche alcune scene truculente e spesso la suspense attanaglia e rende il fiato corto, ma anche in questo caso si tratta di pepe che esalta il sapore di una narrazione fatta principalmente di relazioni familiari.
Una volta superato il timore iniziale e capito che la magia de "Il miglio verde" si stava ripetendo, mi sono fatta travolgere in questo viaggio tra le strade di Perdido, e man mano che i volumi si susseguivano aumentava la paura che il finale non fosse all'altezza delle aspettative.
Ebbene, per quanto mi riguarda, la conclusione non sarebbe potuta essere più giusta di così: tutti i tasselli vanno al loro posto e il cerchio si chiude in maniera perfetta.
Fin dal primo libro la domanda che mi sono posta è stata "Perché Elinor è arrivata a Perdido? Qual è il suo scopo?": la risposta è arrivata solo verso la fine del sesto libro ed è stato uno dei momenti più commoventi dell'intera saga.
Durante tutta la lettura dell'ultimo capitolo ho percepito la sensazione di malinconia che si prova quando si deve lasciare qualcuno che abbiamo amato e questa sensazione si è concretizzata in un fiume di lacrime man mano che le varie situazioni trovavano compimento.
"Non importa ciò che hai dovuto affrontare; non importa ciò che hai fatto e subito; non importa quali orribili errori hai commesso; non importa a cosa hai dovuto rinunciare e invece avresti voluto tenere per sempre; non importa cosa hai tenuto e invece avresti dovuto lasciar andare; non importa cosa ti ha reso infelice. Comunque sia andata, non puoi desiderare che fosse andata diversamente."
Ho conosciuto Perdido durante una piena, con Elinor seduta sui gradini di una chiesa con una bambina sulle ginocchia, e l'ho salutata durante un'altra piena, con la stessa immagine di Elinor e quella bambina sulle ginocchia, ed è stato un viaggio travolgente, pieno di emozioni.
Il fatto di averlo letto a puntate ha influito? Sicuramente sì, anche perché probabilmente se mi fossi trovata di fronte a un tomo di più di 1000 pagine avrei desistito dall'affrontarlo. Un altro motivo che mi ha reso così piacevole e coinvolgente la lettura è stato l'averlo fatto in compagnia de La libridinosa (qui la sua recensione) potendo condividere impressioni, maledizioni ed esultanze con una compagna di viaggio che stava provando le mie stesse emozioni (sì, ci siamo passate anche i fazzoletti alla fine).
Tanto di cappello a Neri Pozza anche per la stupenda veste grafica: la copertina di ogni volume, oltre ad essere esteticamente tanto bella quanto impossibile da fotografare grazie alla profusione di oro e argento, contiene una sorta di sommario di quello che narra; tutte le copertine, infatti, sono ricche di particolari, alle volte anche molto piccoli, disseminati sia sul fronte che sul retro, che sulla costa, ognuno dei quali raffigura un episodio del libro. Questo ha fatto sì che ogni lettura fosse accompagnata da una sorta di rito: esaminare minuziosamente la copertina alla ricerca dei particolari, immaginare a cosa potessero essere riferiti e collegarli poi durante la lettura, il tutto ovviamente sempre in compagnia di Laura (i messaggi con "Ma secondo te la donna in alto a destra chi è?" "E il volatile?" si sono sprecati)
Se siete amanti delle saghe familiari e non avete ancora letto Blackwater, il mio consiglio è di non attendere neanche un attimo in più e di lasciarvi travolgere dalle acque del Perdido! (Se siete particolarmente suggestionabili, però, fatelo di giorno e con qualcuno in casa)
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