Trama: Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l'uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c'era. Veronica Raimo sabota dall'interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All'origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l'impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all'indicibile. In questa storia all'apparenza intima, c'è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell'energia paralizzante che può essere la famiglia, dell'impresa sempre incerta che è il diventare donna.
Titolo: Niente di vero
Autore: Veronica Raimo
Editore: Einaudi
Anno pubblicazione: 2022
Pagine: 163
Fresco, divertente, deliziosamente maleducato e geniale. Nuovo. Non mi divertivo così tanto leggendo un romanzo italiano da "Planimetria di una famiglia felice" di Lia Piano.
Sorrido al pensiero di quanto possano essersi offesi i parenti e gli amici dell'autrice nel ritrovarsi tra queste pagine. O forse no, perché come dice il titolo non c'è Niente di vero, o forse niente di Vero, come Veronica. Niente che rispecchi la realtà. Francamente non mi importa, sono semplicemente felice di aver scoperto una voce tanto originale e fulminante. Ho riso più volte, sonoramente e pensavo "Ma che forte questa Raimo!". Il suo è un nuovo lessico familiare, scomodo la Ginzburg non a caso: impossibile non pensarci, non riconoscerne l'ascendente. Tutti ne abbiamo uno, di lessico familiare, ma non tutti certo abbiamo le capacità per riprodurlo così perfettamente da restituire a chi ci legge il ritratto della nostra famiglia, immersa nella propria epoca.
Veronica lo fa e ho ripercorso insieme a lei parte della mia infanzia, le visite ai parenti, i loro tic e le loro manie, le amicizie, le esperienze sessuali ed amorose e il rapporto con i genitori.
Il padre e la madre di Verika (la madre la voleva chiamare Erika, poi hanno optato per Veronica che è sempre stata Verika) balzano fuori dalle pagine in tutta la loro singolarità, come è singolare e unico ognuno di noi se narrato nel modo giusto. La frase "Siamo arrivati al paradosso|" e le pareti di cartongesso del padre, la madre Francesca che riesce a trovare e disturbare i figli in ogni situazione, il suo ascoltare Radio 3 nei momenti di crisi, i messaggini da stalker sul telefono. Parliamo di una famiglia che dopo Chernobyl ha mangiato cibo in scatola per anni!
Spaccati vividi, per me indimenticabili di un certo periodo e di un certo tipo di famiglia piccolo borghese, molto romana anche, che conosco più per i libri letti che per le frequentazioni avute, eppure la capisco, come raccontasse la mia di famiglia, con particolarità tutte diverse, ma ugualmente schizofreniche.
Mi sono divertita tanto, con brevi pause nei momenti più intensi che non mancano e ti lasciano secco proprio perché arrivano così, sorprendendoti con la bocca aperta in una risata mentre realizzi che in quel momento non c'è nulla da ridere. Vai a controllare se hai letto bene e resti senza fiato per un istante, prima che la verve istrionica della voce narrante riprenda a frullarti e a sedurti. Sì, mi sono sentita felicemente appagata dalla lettura, come se parte di quel luccichio che si sprigiona dalla pagine, quell'intelligenza acuta e graffiante potesse ricadere per magia anche su di me. Non vorrei essere amica di Vero, ma mi fa piacere che Vero ci sia e questo libro merita di essere letto. Spero vinca lo Strega.
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