E' tutto molto facile e allo stesso tempo molto difficile. Ridere. Ridere è una cosa strana, gli animali non ridono, solo gli uomini, ma non è questa la cosa strana, la cosa strana è: perché ridono? In questa vita c'è ben poco da ridere, e invece gli uomini ridono, gli piace ridere. E poi ci sono alcuni, pochi, che, più che ridere, gli piace far ridere. Io sono uno così, a me piace far ridere, io, quando sento la gente che ride, che ride per qualcosa che ho detto io, o che ho fatto, in quei momenti io mi sento vivo, ancora di più di quando rido...mi sento vivo come chi pensa: che bello essere vivi
Questa sarà la grande rivelazione di Erich, dopo quella prima risata che gli ha strappato Walter il Magnifico durante uno spettacolo che lui ha seguito di nascosto, infilato sotto un sofà imbottito di un locale notturno di Berlino. Dopo quella risata incontenibile che lo farà scoprire e gli farà guadagnare un bel po' di ceffoni, tutto prenderà forma. Erich vuol far ridere, anche se nella sua vita non c'è molto da ridere a partire dal fatto che suo padre ogni giorno gli rimprovera di essere stato la causa della morte di sua madre (morta di parto), anche se Erich è ebreo in un'epoca e in un luogo (la Germania degli anni 30) in cui essere ebrei è ogni giorno più difficile. Di pari passo con la crescita di Erich, al suo affermarsi come comico, assistiamo all'involversi della storia, alla notte dei cristalli, alla necessità di fuggire in Olanda. Questo romanzo ha un respiro ampio, europeo. E' diverso dagli altri romanzi sulla Shoah che ho letto perché Erich ha un approccio tutto suo alle cose che vive. Lui sempre pensa a come costruire delle battute e persegue la perfezione a discapito di quanto possa essere pericoloso in un'epoca senza libertà di parola. Il padre una volta scoperto il suo vero lavoro gli rimprovererà di essere un irresponsabile, disposto ad umiliare la sua famiglia e il suo popolo in cambio di una risata. Il rapporto tra il padre e figlio è descritto magnificamente e ha un'evoluzione toccante. Sulle pagine di questo libro si ride e si piange, ci si emoziona, ma ci sono moltissimi spunti di riflessione lucida, non emozionale. Quando il protagonista arriverà al campo di Westerbork, un campo olandese di transito verso Auschwitz, cercherà a colpi di risate di allontanare la deportazione per se stesso e per i suoi cari. E' un terreno fragile, un equilibrio impossibile da raggiungere soprattutto per chi, come lui, ha ancora quel guizzo dettato dall'ironia, dal saper osservare il mondo per poi restituirlo a misura di battuta. Una parola in più e tutto può crollare, avere un esito tragico. Erich non è un buffone, è un funambolo, un combattente. E' avvincente seguirlo nella sua parabola, trattenendo il fiato ad ogni passo falso o troppo azzardato.
In questo storia trova spazio ogni cosa: la famiglia, l'amore, l'autodeterminazione, la persecuzione. L'odio, l'amore, la tenerezza. Un romanzo storico come non ne ho letti da tempo ... e se ne ho letti erano stati scritti molti anni fa a firma di un autore italiano. Baccomo ha costruito un libro praticamente perfetto, bilanciato, struggente. Da inserire subito nella lista dei romanzi da leggere, ma in cima con una nota di urgenza.
Siete umani, e loro questa cosa non ce la possono togliere, solo noi possiamo rinunciarci, e io non voglio rinunciarci, perché so che, se posso salire ancora su un palco, se posso ancora far ridere, e se i nostri compagni qui dentro possono ancora assistere a uno spettacolo, se possono ancora ridere, significa che siamo ancora vivi noi, e sono ancora vivi loro. Saranno quei bastardi a doverci uccidere, non fare tu il loro mestiere, tieniti vivo, e tieni vivi i tuoi compagni, ogni volta che li sentirai ridere saprai che non siamo stati sconfitti.
Ciao Lea, come stai? Molto bravo questo autore. Ne lessi uno della Giunti, anni fa, e ne ho proprio un bel ricordo. Segno anche questo!
RispondiEliminaCiao Michele, io sto piuttosto bene e tu? Ho visto che stai leggendo l'ultimo di Butler! Aspetto la tua recensione :-)
Elimina