Hakan Nesser - La confraternita dei mancini

  1. Trama: 1991. Doveva essere una rimpatriata fra vecchi conoscenti, che da ragazzi, accomunati da una caratteristica al tempo considerata un grave difetto da correggere, avevano fondato la Confraternita dei Mancini. Durante la cena, però, un terribile incendio distrugge la pensione in cui si sono riuniti. E qualcosa non torna: i partecipanti erano cinque, ma i cadaveri sono quattro. Del quinto nessuna traccia: facile pensare che sia lui l’assassino e che sia riuscito a fuggire. 2012. Ventun anni dopo, il ritrovamento casuale di un corpo sepolto poco lontano dalla Pensione Molly rimette tutto in discussione. L’ex commissario Van Veeteren è così costretto a riprendere in mano quel caso a cui aveva già collaborato in passato, nonostante si stia godendo la meritata pensione come libraio. Le sue indagini andranno a incrociarsi con quelle del più giovane ispettore Barbarotti, che sta lavorando a un omicidio avvenuto in Svezia, e insieme i due dovranno ricomporre un puzzle molto complesso, un caso costellato di false piste e di misteri che si dipana attraverso gli anni.
Un libro che attendevo e del quale mi sono gustata ogni singola parola, senza fretta, perché leggere un libro di Nesser significa addentrarsi a piccoli passi in territori oscuri e pericolosi, ma sempre totalmente possibili. Le sue trame si sviluppano lentamente, ma ti avviluppano e ad ogni pagina ci si sente un po' compromessi, tentati dal male, che è sempre una scelta consapevole. 
Come al solito precorro i tempi, presa dal desiderio di tributare il giusto riconoscimento a quello che a mio parere è uno dei migliori giallisti contemporanei. Ho una vera fascinazione nei confronti di Nesser e dopo questa ulteriore conferma lo stimo ancora di più. Questo particolare romanzo lo aspettavo con trepidazione da quando mesi fa ne avevo scoperto la trama,  perché al suo interno per la prima volta si incontrano e confrontano Van Veeteren (da qui in poi confidenzialmente abbreviato a VV) e Barbarotti. Il primo è un commissario in pensione, un nome noto e rispettato, che è ancora un punto di riferimento per i suoi ex colleghi. Colto, con un passato familiare tormentato V.V. è un personaggio di gran classe. Barbarotti invece, più giovane ed ancora in servizio, è un ispettore totalmente diverso. Da qualche parte ho letto che non avrebbe carisma, mentre per me lui è interessantissimo in quanto non riesco a classificarlo o a definirlo. Di origini italiane al pari di VV ha avuto una vita privata complicatissima, ma si presenta al lettore senza difese, umano, solidale, credente (dialoga addirittura con Dio), sempre lontano dai riflettori, ma palpitante di vita. VV è affascinante e crepuscolare (particolarmente in questo libro in cui riflette spesso sulla sua futura condizione senile), ma Barbarotti è l'incognita che non riesci a prevedere. Empatico, gentile e discreto al punto che la sua assenza di protagonismo rende, per contrasto, ancora più evidente l'indagine, ma non per questo manca di charme. Lo deve pensare anche il suo autore considerato che, dopo quasi 300 pagine di ragionamenti del commissario VV, il lampo di comprensione arriva dalle semplici osservazioni di Barbarotti! Giocato su tre diversi piani temporali la storia si sviluppa in modo magistrale: abbiamo un prima, con un gruppo di ragazzi un po' sfigati accomunati dall'essere mancini, il momento del delitto ed infine abbiamo un poi, con l'indagine su quello che ora definiamo un cold case. Mentre leggevo avevo la percezione di trovarmi al cospetto di un ingranaggio che si stava chiudendo inesorabilmente, quasi una nemesi e l'ansia cresceva. Ad interessarmi più del delitto che stava per compiersi era  arrivare a comprendere cosa lo avesse provocato. Causa ed effetto. Nesser sa mostrare con semplicità quel momento fatale in cui un personaggio decide di chiudere gli occhi e soprassedere, voltando le spalle a ciò che è giusto e morale. Una piccola colpa, un'omissione può dare l'avvio ad una tragedia. Quello che fa veramente paura è l'idea che possa accadere ad ognuno di noi.  L'autore per me non è secondo a nessuno nel mostrarci questo processo e il senso di colpa che ne deriva. Lungo la strada ci regala qualche falsa pista, polvere negli occhi, ma devo ammettere che avevo indovinato l'assassino ed anche di questo mi sono sentita felice perché non era importante solo il punto d'arrivo, ma soprattutto "viaggiare" insieme ai ragionamenti dei due protagonisti.
VV e Barbarotti difficilmente si incontreranno ancora, ma è stato emozionante esserci, un grande regalo per me ed immagino per tutti i suoi fans (a questo proposito se qualcuno volesse scrivermi in privato per parlarne, smetterei di farlo con poca soddisfazione con me stessa). Il futuro spero mi porti altre indagini di Barbarotti perché voglio vedere come l'autore svilupperà questo atipico ed originalissimo personaggio.
Un libro che ha il solo difetto di non poter essere goduto a pieno da chi non conosce la produzione precedente, non perché il giallo lo richieda in quanto autoconclusivo, ma perché lo meritano i due ispettori.
 




Commenti

  1. Non lo conoscevo, ma mi attira decisamente.
    Guarda caso, anch'io in Svezia con La clausola del padre: te lo straconsiglio, lo sto amando. :)

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  2. Sono mancina e adoro i giallisti nordici, anche se di Nasser ho letto soltanto il primo una vita fa. Visto che se aspetto di recuperarli tutti divento (ancora più) vecchia magari ri-comincio con questo, che mi ispira tanto!

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    1. Hai letto il primo con vv? Ciao da lea

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    2. Sì, La rete a maglie larghe, parecchi anni fa però!

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    3. Ah ah. Però io preferisco Barbarotti. Ti consiglio Era tutta un'altra storia!

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    4. Ciao, che bella recensione! Come puoi immaginare adoro Nesser (sono la sua traduttrice fin dal primo libro...) e niente mi fa più piacere che vederlo percepito per ciò che è: un grande, raffinato romanziere. In più è anche una persona meravigliosa!

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    5. Leggere il tuo nome mi ha piacevolmente sorpresa. Anzi, a dire il vero, mi sono proprio emozionata, tanto che ora non riesco a formulare una risposta coerente al tuo commento. Una cosa però devo proprio scriverla: grazie per il tuo prezioso lavoro!

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