Trama: Due famiglie legate a doppio filo, quelle di Joxian e del Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all’osteria e nelle domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Miren e Bittori, erano legate da una solida amicizia, così come i loro figli, compagni di giochi e di studi tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi un evento tragico ha scavato un cratere nelle loro vite, spezzate per sempre in un prima e un dopo: il Txato, con la sua impresa di trasporti, è stato preso di mira dall’ETA, e dopo una serie di messaggi intimidatori a cui ha testardamente rifiutato di piegarsi, è caduto vittima di un attentato... Bittori se n’è andata, non riuscendo più a vivere nel posto in cui le hanno ammazzato il marito, il posto in cui la sua presenza non è più gradita, perché le vittime danno fastidio. Anche a quelli che un tempo si proclamavano amici. Anche a quei vicini di casa che sono forse i genitori, il fratello, la sorella di un assassino. Passano gli anni, ma Bittori non rinuncia a pretendere la verità e a farsi chiedere perdono, a cercare la via verso una riconciliazione necessaria non solo per lei, ma per tutte le persone coinvolte.
Titolo: Patria
Titolo: Patria
Autore: Fernando Aramburu
Casa editrice: Guanda
Anno pubblicazione: 2017
Pagine:632
Ho impiegato molto tempo per leggere questo libro: ne ho sospeso la lettura, poi l'ho ripresa, l'ho sospesa nuovamente e infine l'ho portata a termine. Con una frase d'esordio di questo tipo sarete propensi a credere che "Patria" non mi sia piaciuto, ma sareste sulla strada sbagliata. Per tutto il tempo in cui non lo leggevo, i personaggi del romanzo mi stavano accanto, così come le situazioni descritte. Continuavo a pensarci e a pormi delle domande, tutte senza risposte accettabili. Ho fatto fatica a reggere il peso emotivo di quanto veniva narrato e la sensazione dominante era la rabbia. Ero arrabbiata ed incredula, indignata e a disagio senza un destinatario ben definito. La storia, gli eventi, non so.
Che ne so io, in fondo, dell'Eta e dell'indipendentismo dei Paesi Baschi? Giusto qualche notizia ascoltata al telegiornale. Di fatto non ho mai provato la sensazione di sentirmi qualcosa (qualcuno) di diverso da quello che dichiara la carta d'identità: alla parola cittadinanza, la qualifica "italiana" mi soddisfa pienamente. Non per tutti è così, ma non mi metto a banalizzare questioni importanti, storiche, delle quali conosco solo una piccola parte. Quello che mi preme è sottolineare che "Patria" è un grandissimo libro che parla a tutti, si rivolge ad ognuno, è di interesse sicuro per ogni lettore. Ha un suo valore universale, quello che riconosciamo alla letteratura che fissa un punto fermo e resta. Non per raccontarci dell'Eta, di un certo fanatismo nazionalista, di violenza e di guerra, ma per raccontarci qualcosa di più: questo romanzo prende la Storia e la porta nelle case delle persone comuni, quelle che contribuiscono a farla, ma restando nell'ombra. Non ci sono colori decisi, tutto si confonde e riesce a spiegare le guerre passate, le presenti e le future, semplicemente raccontandoci la quotidianità. Due famiglie, amiche da sempre, che all'improvviso si trovano sui lati opposti della barricata. Le vittime e i carnefici. Una comunità che di punto in bianco, omertosa, volta le spalle e chiude gli occhi, fino a negare persino il conforto estremo, la partecipazione al funerale e le condoglianze alla famiglia di un uomo buono, assassinato in una giornata di pioggia. "Se è stato ucciso qualcosa avrà fatto" è l'assioma bastardo (scusate il termine) che è alla base di tutto. Quanta, quanta rabbia mentre leggevo del "trattamento" tributato alla vedova e ai figli della vittima e di un prete viscido e abietto (l'unico personaggio veramente e totalmente negativo del libro). Eppure un personaggio eroico, testardo e grandissimo in questo romanzo c'è ed è Bittori, la vedova, che vuole che le venga chiesto perdono. Non si fermerà.
Gli anni passano, ma i protagonisti della storia restano, invecchiano, soffrono, scontano una pena, chi in carcere e chi a vita dentro la propria testa; il senso del tutto si stempera, scolorisce nell'insensatezza, nel nome di un'idea che sembrava grande e che invece chiamava solo violenza e sangue. In un finale che distilla tristezza, con il segno delle lacrime oramai secche sulle guance, l'autore sembra ridarci una pace illusoria, in un abbraccio. La vita e i dolori, le sofferenze sono tanto grandi, quanto sono piccole le persone che ne portano il peso. L'ho trovata una grande lezione di storia e di umanità.
Recensione stupenda!
RispondiEliminaGrazie Patrizia! E' bello vedere che ci segui con tanta costanza.
Eliminaun bacio
DEVO, DEVO averlo!
RispondiEliminaNon ci sono ostacoli! (forse solo le 600 pagine, ma non ti spaventi per così poco)
Elimina..e io DEVO leggerlo. Brava, impeccabile, come sempre.
RispondiEliminaMagari quando te la sentirai, dopo l'estate. So che ora è il momento della leggerezza.
EliminaDa leggere assolutamente!!! Aspettavo il tuo pensiero ma non avevo dubbi immaginavo che ti sarebbe piaciuto. Bellissime parole per un romanzo che lascerà il segno.
RispondiEliminaGentilissima Rosa. Vedrai che lo apprezzerai pure tu.
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