Trama: Arigliana, “cinquanta case di pietra e duecento abitanti”, è il paesino sulle montagne della Lucania dove Pietro e Nina trascorrono le vacanze con i nonni. Un torrente che non è più un torrente, un’antica torre normanna e un palazzo abbandonato sono i luoghi che accendono la fantasia dei bambini, mentre la vita di ogni giorno scorre apparentemente immutabile tra la piazza, la casa e la bottega dei nonni; intorno, una piccola comunità il cui destino è stato spezzato da zi’ Rocco, proprietario terriero senza scrupoli che ha condannato il paese alla povertà e all’arretratezza. Quell’estate, che per Pietro e Nina è fin dall’inizio diversa dalle altre – sono rimasti senza la mamma –, rischia di spaccare Arigliana, sconvolta dalla scoperta che dentro la torre normanna si nasconde una famiglia di stranieri. Chi sono? Cosa vogliono? Perché non se ne tornano da dove sono venuti? è l’irruzione dell’altro, che scoperchia i meccanismi del rifiuto. Dopo aver catalizzato la rabbia e la paura del paese, però, sono proprio i nuovi arrivati a innescare un cambiamento, che torna a far vibrare la speranza di un Sud in cui si mescolano sogni e tensioni. Un’estate memorabile, che per Pietro si trasforma in un rito di passaggio, doloroso eppure pieno di tenerezza e di allegria.
Titolo: E tu splendi
Autore: Giuseppe Catozzella
Casa editrice: Feltrinelli
Anno pubblicazione: 2018
Pagine: 233
E' arrivato anche il mio turno di inaugurare la collaborazione con Unilibro! Ho scelto proprio bene, ve lo anticipo. Non mi aspettavo che questo libro fosse bello quanto il titolo e invece lo è. Sto vivendo un periodo di letture molto fortunate. Di Catozzella non avevo letto nulla e dopo questo romanzo me ne stupisco. Dovrò rimediare al più presto.
Ma veniamo a "E tu splendi". Questo libro inizia prima dell'estate che ne è il fulcro, parte dall'amore di una madre per i propri figli. Una mamma speciale e solare che infilava bigliettini tra le pagine dei loro libri e quaderni:
"Erano le sue sorprese, che ne so, si divertiva così. Me la immaginavo, la sera, in camicia da notte, con tutti quei ricci in testa e i pennarellini dorati."
Questa mamma che non c'è più, perché "è andata avanti", manca ai propri figli: la sua assenza è una presenza, un dolore che s'incarna nella figura di un cane, da Pietro detto Canetto, che lo tormenta come se fosse reale, ogni volta che lui pensa a lei. La sorellina più piccola, Nina, sembra aver superato meglio il lutto e respinge questi ricordi dolorosi, forse protetta dalla sua stessa infanzia.
Per Pietro la mamma è andata a preparare la strada. C'è una tale delicatezza in questi pensieri del ragazzino, una rassegnazione dolorosa, ma allo stesso tempo sorridente che al lettore vengono gli occhi lucidi. Sono pagine struggenti quelle in cui parla della mamma, ma al contempo piene di amore ancora vibrante, che si riversa anche sul presente.
Immigrato con tutta la famiglia nella brutta periferia di una Milano grigia, il ragazzino non lascia mai che la rabbia lo domini. "Orfano e pure ciuccio, abbiamo riso a casa".
Dopo la bocciatura lui e la sorella Nina tornano in Basilicata a trascorrere le vacanze estive dai nonni, ad Arigliana. Viaggiano soli, come un pacco postale spedito da un padre in cerca di lavoro e sull'orlo della depressione, ma il Sud li accoglie con l'odore buono della pietra al sole. Ci sono gli amici di sempre e i nonni chiamati affettuosamente Nononno e Nononna. Ci vuole un'altra citazione per rendere la particolarità di questa narrazione:
"Chissà cosa pensano i vecchi, secondo me ci rimangono male quando vedono i bambini, per il fatto che quelli ogni volta sono diversi e loro invece sono sempre uguali: io spero che non mi succederà mai una malattia brutta come la vecchiaia!"
Ma anche Arigliana ha le sue storie, le sue brutture, molto attuali. Come quella rappresentata da un ricco possidente che con dolo reso ha inoffensivi tutti i concorrenti e si è costruito un impero sfruttando tutta la forza lavoro del posto. Storie di un'Italia che conosciamo, nostro malgrado.
Nell'estate di Pietro e Nina però arriva una novità: un piccolo gruppo di immigrati clandestini. La presenza di queste persone, e soprattutto del piccolo Josh, scatena una serie di reazioni contrastanti: odio, diffidenza, rifiuto nella maggior parte dei cittadini e timida accoglienza da parte di altri.
Un paese composto da figli di emigrati che si oppone all'immigrazione. Saranno proprio questi elementi estranei, gli stranieri, ad offrire uno spunto agli abitanti per alzare la testa e tentare una resistenza nei confronti dell'oppressore.
Il mondo salvato dai ragazzini? Quello che salva è un madre che ti ha dato le ali e ti ha insegnato a splendere. Nessuna delusione, nessuna realtà potrà sporcare questo dono.
Un romanzo sempre realistico, che non cede a soluzioni facili, ma ugualmente restituisce con forza la bellezza della vita. Non sono le giustizie impunite, non sono le sconfitte che rendono Pietro e Nina corruttibili. E' nella forza della speranza, nel desiderio di voltare pagina e scrivere un nuovo destino che si splende, che non si muore.
" E poi quel sole che nasceva era la cosa più bella che avevo mai visto, era la promessa di una cosa nuova da iniziare"
Complimenti all'autore per aver scritto un libro prezioso, con un messaggio potente, trasmesso con naturalezza e senza mai salire in cattedra. Una storia come questa ha il dono di parlare piano alla coscienza, ti sussurra cose e ti ritrovi ad averle in testa, belle e positive, con dolcezza, come se la notte te le avesse raccontate in sogno.
Se il romanzo non me lo avesse già regalato Unilibro, io cliccherei il tastino ed andrei a comprarmelo qui. ;-) (ossia da Unilibro).
Buona lettura!
"Erano le sue sorprese, che ne so, si divertiva così. Me la immaginavo, la sera, in camicia da notte, con tutti quei ricci in testa e i pennarellini dorati."
Questa mamma che non c'è più, perché "è andata avanti", manca ai propri figli: la sua assenza è una presenza, un dolore che s'incarna nella figura di un cane, da Pietro detto Canetto, che lo tormenta come se fosse reale, ogni volta che lui pensa a lei. La sorellina più piccola, Nina, sembra aver superato meglio il lutto e respinge questi ricordi dolorosi, forse protetta dalla sua stessa infanzia.
Per Pietro la mamma è andata a preparare la strada. C'è una tale delicatezza in questi pensieri del ragazzino, una rassegnazione dolorosa, ma allo stesso tempo sorridente che al lettore vengono gli occhi lucidi. Sono pagine struggenti quelle in cui parla della mamma, ma al contempo piene di amore ancora vibrante, che si riversa anche sul presente.
Immigrato con tutta la famiglia nella brutta periferia di una Milano grigia, il ragazzino non lascia mai che la rabbia lo domini. "Orfano e pure ciuccio, abbiamo riso a casa".
Dopo la bocciatura lui e la sorella Nina tornano in Basilicata a trascorrere le vacanze estive dai nonni, ad Arigliana. Viaggiano soli, come un pacco postale spedito da un padre in cerca di lavoro e sull'orlo della depressione, ma il Sud li accoglie con l'odore buono della pietra al sole. Ci sono gli amici di sempre e i nonni chiamati affettuosamente Nononno e Nononna. Ci vuole un'altra citazione per rendere la particolarità di questa narrazione:
"Chissà cosa pensano i vecchi, secondo me ci rimangono male quando vedono i bambini, per il fatto che quelli ogni volta sono diversi e loro invece sono sempre uguali: io spero che non mi succederà mai una malattia brutta come la vecchiaia!"
Ma anche Arigliana ha le sue storie, le sue brutture, molto attuali. Come quella rappresentata da un ricco possidente che con dolo reso ha inoffensivi tutti i concorrenti e si è costruito un impero sfruttando tutta la forza lavoro del posto. Storie di un'Italia che conosciamo, nostro malgrado.
Nell'estate di Pietro e Nina però arriva una novità: un piccolo gruppo di immigrati clandestini. La presenza di queste persone, e soprattutto del piccolo Josh, scatena una serie di reazioni contrastanti: odio, diffidenza, rifiuto nella maggior parte dei cittadini e timida accoglienza da parte di altri.
Un paese composto da figli di emigrati che si oppone all'immigrazione. Saranno proprio questi elementi estranei, gli stranieri, ad offrire uno spunto agli abitanti per alzare la testa e tentare una resistenza nei confronti dell'oppressore.
Il mondo salvato dai ragazzini? Quello che salva è un madre che ti ha dato le ali e ti ha insegnato a splendere. Nessuna delusione, nessuna realtà potrà sporcare questo dono.
Un romanzo sempre realistico, che non cede a soluzioni facili, ma ugualmente restituisce con forza la bellezza della vita. Non sono le giustizie impunite, non sono le sconfitte che rendono Pietro e Nina corruttibili. E' nella forza della speranza, nel desiderio di voltare pagina e scrivere un nuovo destino che si splende, che non si muore.
" E poi quel sole che nasceva era la cosa più bella che avevo mai visto, era la promessa di una cosa nuova da iniziare"
Complimenti all'autore per aver scritto un libro prezioso, con un messaggio potente, trasmesso con naturalezza e senza mai salire in cattedra. Una storia come questa ha il dono di parlare piano alla coscienza, ti sussurra cose e ti ritrovi ad averle in testa, belle e positive, con dolcezza, come se la notte te le avesse raccontate in sogno.
Se il romanzo non me lo avesse già regalato Unilibro, io cliccherei il tastino ed andrei a comprarmelo qui. ;-) (ossia da Unilibro).
Buona lettura!
Aspettavo questa recensione e mi ha pienamente convinta a leggere questo libro, grazie Lea :*
RispondiEliminaE' stato un piacere Grazia!
EliminaPensa che mi è arrivato per caso, assieme a Vittoria, e mi sono semplicemente limitato a prendere atto della cosa. Della serie: sì, ce l'ho, okay, ma sta bene lì. Adesso, invece, ha la mia attenzione, e priorità altissima!
RispondiEliminaTieni presente che l'io narrante è un ragazzino di 12 anni, particolare che di solito non ti garba. Eppure..penso lo stesso che potrebbe piacerti.
EliminaWow bella recensione, da tener presente
RispondiEliminaTienilo presente Patrizia. Io lo consiglierò a tutti i miei amici e sono certa che piacerà. Grazie di essere passata.
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