Caro Jonathan Coe (lettera aperta ad un autore amatissimo)

 


(lettera ispirata dalla lettura di Bournville uscito per Feltrinelli sul finire del 2022)

Caro Jonathan Coe,

ti scrivo con un po' di timore reverenziale e tanto affetto perché la mia vita si intreccia alle trame dei tuoi libri da almeno 30 anni. Si può dire che siamo cresciti, anche invecchiati, insieme. 

La famiglia Winshaw è stato per me una folgorazione poi trasformatasi in amore. Tante cose sono cambiate, gradualmente, a scandire il passaggio del tempo, ma a tratti quella fiamma si è riaccesa, è divampata, io ho sentito un senso di appartenenza, di riconoscimento profondo come solo tra amici si prova. Ad ogni libro ci sono stata, mi sono immersa nelle storie e le ho amate. Dovessi stilare la mia classifica lascerei di sicuro al primo posto i Winshaw, seguiti dalla Casa del sonno per arrivare a Middle England, che mi ha fatto più male di tutti, per i miei e i tuoi ideali traditi, ma oramai siamo andati oltre alla delusione e in Bournville ti ho ritrovato addolcito dal tempo, con una saggezza superiore che ti deriva dall'esperienza e dalla sofferenza, da quella che comunemente chiamiamo vita, ma che nel tuo caso, in quanto scrittore, hai saputo trascendere e portare in alto. Ad altezze vertiginose.

Il tuo nuovo romanzo che si apre nei primi mesi del Coronavirus, ripercorre tutta la storia della Gran Bretagna a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quella Nazione che per scelte di difficile comprensione è uscita dall'Unione Europea per proseguire da sola. Lo racconti benissimo in Middle England, così come racconti il tuo sconforto di europeista, che è anche il mio perché come cittadina italiana mi sento di appartenere all'Europa nel modo in cui lo senti tu, come cittadino inglese.

Ho letto un'intervista nella quale dichiari che ti ostini a scrivere romanzi per spiegare la la Gran Bretagna, ma che alla fine non la capisci nemmeno tu. Io invece capisco il tuo essere cittadino del mondo, profondamente inglese, meravigliosamente europeo e rivendico per quelli come noi una nazione delle idee, che travalica i nazionalismi, i populismi, gli interessi gretti di quegli Stati europei che non hanno lungimiranza o visione strategica. Nei tuoi romanzi vengono però pareggiati i conti: nonostante la vena malinconica non hai perso il tocco, non hai perso la feroce ironia, quello strumento dialettico che ti permette di inchiodare alle proprie responsabilità personaggi politici, semplicemente dipingendoli per quello che sono stati. Li fai a pezzi con la risata che susciti e sei letale.  Non so di quale fama o credito tu goda in patria, considerato che  solitamente chi fa notare che l'imperatore è nudo non è molto amato, ma per me sei un gigante che con le parole ristabilisce una verità che poi resterà scritta adesso per noi e in futuro per quelli vorranno comprendere questo periodo storico. 

Lo so, lo so, dovrei parlare del tuo ultimo libro, che poi è perfetto per far conoscere la tua poetica a chi ancora non ha avuto il piacere di leggerti e per poi portare questi lettori, a ritroso, attraverso tutti i tuoi romanzi. Bournville, come ho scritto sopra, è un viaggio nella storia inglese attraverso le vicende di una famiglia, in particolare attraverso il personaggio di Mary che si ispira molto a tua madre. E' un ritratto intenso, poetico, dolce, malinconico, a volte divertente. 80 anni di storia inglese scanditi da momenti importanti come la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'incoronazione della Regina Elisabetta, il matrimonio di Carlo e Diana, la morte di Diana, la Brexit e infine il Covid. Per un'italiana è difficile comprendere il fascino della monarchia (a volte mi sembra lo sia anche per te) e tutte le vicende legate ad essa, ma è un elemento distintivo di una nazione che io ho sempre ammirato e vagheggiato da un punto di vista letterario, soprattutto grazie alla Austen e a Dickens che sono i miei autori d'elezione. Confesso di non aver mai mangiato una barretta di cioccolato Cadbury (qui abbiamo la Ferrero che appaga del tutto le nostre brame cioccolatose), ma vorrei assaggiarla solo per fare un salto indietro nel passato, a Bournville, come la racconti e dipingi tu. Mary non perderà mai l'abitudine di regalare ai propri figli una barretta di quel cioccolato, nemmeno quando saranno degli adulti e quella barretta rappresenterà gran parte della loro storia.

Le pagine finali del libro, la descrizione della vita nell'era del Covid mi hanno commossa e intristita per la loro angosciante verità e danno ulteriore prova della tua bravura: sai descrivere un evento doloroso e privato rendendolo comprensibile a tutti in modo tanto intimo da restarne turnati. Mi chiedo se quella persona che citi nella nota finale abbia letto il romanzo e abbia provato almeno un fugace attimo di vergona. Non lo credo possibile, ma vorrei che lo fosse, almeno nel profondo delle sua coscienza, ammesso che ne abbia una. Alla fin fine non ha importanza perché a noi lettori restano le tue parole, i tuoi romanzi, mentre di lui rimarranno poche righe nei libri di storia. O se ha fortuna un murales di Bansky.

Non ho scritto molto del tuo ultimo e bellissimo romanzo, ma penso di aver espresso la mia grande ammirazione per la tua opera. Caro Jonathan Coe, ti aspetto al prossimo libro e nel frattempo ti rileggo. Grazie.



Commenti

  1. Hai avuto ragione a scrivere di questo romanzo tramite una lettera all'autore! Si sente tutto l'affetto e la stima che provi per lui. Il libro, che mi hai consigliato, è veramente bello. Un bacio

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    1. Ero sicura lo avresti apprezzato, da metà libro poi diventa sempre più bello. Ciao Roby!

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