Volevo essere Madame Bovary - Anilda Ibrahimi

 

Trama: Hera è nata in un Paese del socialismo reale dove la donna lavora almeno quanto l'uomo e la bellezza è una colpa, soprattutto per una ragazza ambiziosa come lei. Da piccola divorava i romanzi di Tolstoj e Balzac, in cui le eroine sono tutte fedifraghe e di solito fanno una brutta fine, ma anche tanti libri di propaganda secondo cui l'ideale femminile è sposarsi e lavorare in campagna. Hera è cresciuta cosí, in bilico tra il desiderio di diventare qualcuno e la consapevolezza di dover rigare dritto, tra la voglia di vestirsi alla moda sfidando le censure del regime e i rimproveri di nonna Asmà. Poi, un giorno, è partita per Roma. In Italia all'inizio ha sofferto, si è sentita smarrita. Insieme a Stefano però ha trovato il suo centro: è diventata un'artista, ha dei figli che ama, non ha piú avuto paura di sembrare troppo. E allora cosa ci fa a Tirana con Skerd, uno con cui non ha nulla da condividere se non il corpo? E perché insieme a lui sente pulsare cosí forte l'eco della lingua madre? Hera non è piú quella ragazzina che cercava il grande amore nel dramma e negli uomini autoritari, ma ogni cosa intorno a lei sembra volerla ricacciare di nuovo nel passato da cui è fuggita. 

Titolo: Volevo essere Madame Bovary
Autore: Anilda Ibrahimi
Casa editrice: Einaudi
Anno pubblicazione: 2022In
Pagine: 219



Saranno due settimane abbondanti che cerco le parole per descrivere questo libro, ma penso sia arrivato il momento di lasciarlo andare, nonostante il timore di non riuscire a restituirvelo in tutta la sua complessità. Complessità di concetti, non di lettura perché i capitoli brevi e incisivi ti trascinano in un soffio fino all'ultima pagina, ma poi ti resta dentro un magone, una domanda alla quale è difficile rispondere. Come donna mi sono sempre sentita divisa tra una parte più razionale che desidera alcune cose e una più istintiva, mio malgrado condizionata da stereotipi, letture e un immaginario condiviso che mi porta lontano dai miei principi, soprattutto quelli che riguardano la vita pubblica e affettiva, nel rapporto uomo-donna. Inoltre durante la lettura viene spontaneo interrogarsi su come noi italiani percepiamo gli immigrati di prima e seconda generazione che abitano qui senza sapere assolutamente nulla della loro storia, abitudini, tradizioni e modi di vivere. Quanto ci interessa veramente comprendere e farcene un'idea realistica, non viziata dai luoghi comuni? Personalmente ho ho preso coscienza dell'esistenza dell'Albania solo dopo aver visto il primo barcone straripante di persone arrivare in Italia. Era il 1991 e avevo esattamente 20 anni: quello è stato l'inizio di un fenomeno migratorio che ora è all'ordine del giorno. Senza addentrarmi in indagini sociologiche al di fuori delle mie competenze posso dire che Volevo essere Madame Bovary regala uno sguardo profondo, mai banale sulla vita di una donna albanese che si è trasferita in Italia. Una chiave interpretativa, ovviamente non esaustiva, ma molto, molto stimolante.
Hera la protagonista del libro non era certo su quella nave sbarcata a Durazzo e pare ti guardi negli occhi un po' beffarda perché lei non rientra in nessuna facile categoria. Ci stupisce ad ogni pagina e ci seduce e un pochino si prende gioco di noi... come quando corre in un parco di Roma e un gruppo di signore la mette in guardia:

- Ragazza mia, fai attenzione a correre di notte da sola, a questa ora girano gli albanesi!

 Hera trattiene una risata. - Ma come signora, sono arrivati anche qui?

    

       - Purtroppo sì, non la guardi la televisione?
 

 

Per disinnescare i luoghi comuni legati alle sue origini, ricorre a una forma di strano umorismo con Sabrina e le sue amiche. Una volta, per stemperare con Vincent, in mezzo a una lite gli aveva detto: "Finiscila, oppure faccio l'albanese!"


Bisogna immergersi nei ricordi di Hera e nella sua vita per comprendere che le sue contraddizioni possono facilmente essere anche le nostre a prescindere dal luogo in cui si è cresciuti. L'Albania che lei ci racconta è lontana e vicinissima, riconoscibile emotivamente. La nonna e la madre la vincolano alla tradizione, mentre il padre professore di filosofia le regala una visione diversa. E il socialismo reale, fino a quando c'è, è comunque un universo per certi versi assurdo e al contempo ordinato. La sua caduta fa precipitare la quotidianità nel caos, gravido di aspettative e di speranze, ma pur sempre caos.

A tutti gli esseri umani è in fondo concesso di provare nostalgia per il proprio passato, solo lei non può piangere senza provare vergogna, perché chi non prova vergogna di quel passato sta facendo apologia del comunismo


Hera sin da piccola vuol essere femmina, vivere una vita piena di passione e di eventi, distinguersi, come le eroine dei libri che legge, come Madame Bovary. Sono eroine tragiche, dei modelli femminili difficile da incarnare e che nascondono delle insidie, al pari dei modelli femminile della società in cui lei si trova a crescere. Sembra che l'essere donna significhi comunque, in un senso o nell'altro, trovarsi intrappolate in uno spazio angusto, nel quale i limiti vengono dettati dagli altri o peggio ancora da noi stesse. Ritroviamo la Hera adulta che vive a Roma, sposata con un italiano, con un lavoro di prestigio, da artista. Apparentemente ha tutto: due figli, un marito che si prende cura dei ragazzi durante i suoi frequenti viaggi di lavoro, un gruppo di amici di diverse nazionalità. E' una donna moderna e realizzata, ma il passato e la sua terra la reclamano e lo fanno attraverso una travolgente storia d'amore con Skerd, anche lui albanese trapiantato in Italia. Lui rappresenta tutto ciò che lei si è lasciata alla spalle e in particolare un un modello di mascolinità sorpassato, non adatto alla donna che è diventata. Ma come resistere al richiamo di una lingua madre e di un passato che non ha esaurito le cose che doveva dire?  Il romanzo è un viaggio che facciamo insieme alla protagonista, indietro nel tempo e soprattutto nelle contraddizioni delle donne moderne che tanto devono ancora fare, tanto devono ancora lottare, soprattutto contro se stesse per sradicare dalla propria mente un certo immaginario di mascolinità tossica, falsamente romantico, ma che ci è stato innestato direttamente nel cervello. Perché gli uomini desiderabili non sono gli Heatcliff di Cime Tempestose o gli Hardin di After (bleah) e ovviamente neppure gli Skerd che dopo una notte di passione si preoccupano di non aver nessuno che si occupi delle loro camicie da stirare. E' indispensabile superare certe forme mentali, per andare avanti, lasciando indietro alcune parti del nostro passato senza rinnegarlo,  per poi procedere, piene di tenerezza e di accettazione, verso quello che siamo diventate. Non mettiamoci però in cattedra pensando che questo passato da amare e superare appartenga solo a chi proviene da un altro Stato, no quel passato patriarcale è pure il nostro. Il finale è commovente, bellissimo, perfetto come il tutto il romanzo. 
















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