Yeruldelgger - Morte nella steppa - Ian Manook

TRAMA
Non comincia bene la giornata di un commissario mongolo se, alle prime luci dell’alba, in una fabbrica alla periferia della città, si ritrova davanti i cadaveri di tre cinesi, per di più con i macabri segni di un inequivocabile rito sessuale. E la situazione può solo complicarsi quando, poche ore dopo, nel bel mezzo della steppa, è costretto a esaminare una scena perfino più crudele: i resti di una bambina seppellita con il suo triciclo. Quello che però il duro, rude, cinico ma anche romantico commissario Yeruldelgger non sa è che per lui il peggio deve ancora arrivare.
A intralciare la sua strada, e a minacciare la sua stessa vita, politici e potenti locali, magnati stranieri in cerca di investimenti e divertimenti illeciti, poliziotti corrotti e delinquenti neonazisti, per contrastare i quali dovrà attingere alle più moderne tecniche investigative e, insieme, alla saggezza dei monaci guerrieri discendenti di Gengis Khan. Sullo sfondo, una Mongolia suggestiva e misteriosa: dalla sconfinata Ulan Bator alle steppe abitate dagli antichi popoli nomadi, un coacervo di contraddizioni in bilico fra un’antichissima cultura tradizionale e le nuove, irrefrenabili esigenze della modernità. Yeruldelgger dovrà compiere un viaggio fino alle radici di entrambe, se vorrà trovare una soluzione per i delitti, e anche per se stesso.
Un thriller classico, a tinte forti, con un’ambientazione unica, in cui pagina dopo pagina si susseguono le scene ad alta tensione e ogni calo di emotività è bandito.
In questo thriller mozzafiato Ian Manook ci accompagna, un colpo di scena dopo l’altro, dai deserti spazzati dal vento dell’Asia Centrale fino all’inferno dei bassifondi di Ulan Bator.
Dopo la Svezia di Mankell, l’Islanda di Indriðason, la Scozia di Rankin, d’ora in poi ci sarà la Mongolia di Ian Manook.
Titolo: Yeruldelgger - Morte nella steppa
Autore: Ian Manook
N.pagine: 524
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: Fazi
ISBN: 9788876258800
 "La vita non fa niente di noi. Siamo noi a fare la vita a suon di rinunce, paure, abbandoni, imbrogli, errori! Siamo noi a impedire di fare della vita una cosa diversa da quella che è"
 
Eccomi a parlarvi di questo romanzo, primo capitolo di una trilogia, che ho letto qualche tempo fa, ma che mi è rimasto molto impresso nella memoria.
Ho avuto la fortuna di assistere a PordenoneLegge alla presentazione di questo libro, e devo dire che l'autore ha saputo trasmettermi a parole la stessa passione che avevo trovato nel libro per questa terra misteriosa e lontana, piena di contraddizioni e profondamente legata alle tradizioni, terra dalla forte spiritualità e grande concretezza.
Proprio come il suo protagonista, Yeruldelgger Koltar Guichyguinnkhen, per noi poveri lettori semplicemente Yeruldelgger (lo so è un ossimoro) - lo ammetto, mi si è annodata la lingua ogni volta che ho tentato di dire il titolo del libro che stavo leggendo, tanto che sono vigliaccamente ricorsa ad un più immediato "Sto leggendo il Mongolo" - che di professione fa l'investigatore della squadra omicidi di Ulan Bator, la capitale della Mongolia: un uomo rude, violento, che dentro di sè vive un dolore lancinante per la perdita della figlioletta della quale si sente responsabile e che ha causato la perdita della ragione della moglie e la rottura definitiva del suo rapporto con la figlia adolescente.
Una figura capace di amare profondamente, ma non di dimostrarlo, con un fortissimo senso della giustizia, ma allo stesso tempo capace di atti violenti per raggiungere la verità, insomma un uomo pieno di contraddizioni, tanto quanto la terra da cui proviene.
Innamorato di Solongo, medico legale che collabora con lui nei casi di cui si occupa, capace di esprimere un concetto vastissimo con pochissime parole, una donna forte, l'unica in grado di accogliere l'animo ferito dell'ispettore. Solongo vive in una Yurta -  ammettetelo, vi state chiedendo che diavolo sia una yurta e io sono qui per spiegarvelo: si tratta dell'abitazione tipica della popolazione nomade mongola, una sorta di grandissima tenda dotata di tutte le comodità di una casa vera e propria. E niente, io prima o poi dovrò fare una vacanza in una yurta!
  Ma dovrò ricordarmi tutta una serie di regole, prima di entrarci, pena la malasorte (che da quelle parti non è niente di leggero o auspicabile):
 
"Entrare con il piede destro per primo, scavalcare la soglia, non gettare niente nel fuoco, circolare dalla parte sinistra,non puntare i piedi verso il fuoco."
 
Un'altra particolarità di questo romanzo sono i titoli dei capitoli, costituiti dalla frase finale del capitolo stesso, che aumenta la curiosità di arrivare alla fine per poterla collocare in un contesto.
Un romanzo capace di regalare al lettore pagine crude e violente, ma anche momenti di grande compassione e poesia, un romanzo nel quale i colpi di scena si susseguono, l'adrenalina la fa da padrone, come la rabbia per certe situazioni e retroscena. Un romanzo che consiglio agli appassionati del noir adrenalico e a chi ha la curiosità di conoscere qualcosa in più della Mongolia, dei suoi paesaggi e del cuore dei suoi abitanti. Io, ovviamente, attendo il secondo capitolo, per tornare in compagnia...del Mongolo!
VOTO


Commenti

  1. Lo segno, non sono sicura che sia proprio il mio genere, ma mi era sfuggito e mi attira. Grazie della dritta!

    RispondiElimina
  2. Segniamoci subito questo Mongolo, va', prima che me ne dimentichi!
    Mozzafiato questa recensione, Stefy, bravissima!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma grazie Rosa! Io i tuoi commenti me li stampo e ogni tanto me li rileggo.
      Un abbraccio grande

      Elimina
  3. un'ambientazione particolare e per me sconosciuta. Mi hai incuriosita, voglio leggere anche io il mongolo (non ci provo neanche a pronunciare o scrivere il nome!)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vai Chiara, esplora la steppa anche tu. Occhio però che quelli son cattivi, eh!
      Poi passo a leggerti.
      Bacio
      P.S. Se passi da queste parti, puoi usare il mio bagno, ma non dirlo a Laura, che è gelosa!

      Elimina
  4. Stefi, che faccio ti chiamo e mi spieghi come si legge il titolo?
    Per questa volta passo, non è scattata la scintilla però chissà... Leggerti è sempre un piacere!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Anna!
      Facciamo che lo chiamiamo Mongolo? Anche a scriverlo mi si inceppano le dita, tanto che son dovuta andare a rivedere una decina di volte se l'avevo scritto giusto!
      Un bacione

      Elimina

Posta un commento